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[Cosa ti ha portato a scegliere la performance come mezzo di espressione piuttosto che un’altra forma d’arte?]
Ho studiato Belle Arti in un’accademia tradizionale, dove l’approccio era per lo più orientato al padroneggiare le diverse tecniche, cosa che non mi interessava particolarmente. Così ho iniziato a esplorare la performance art e tutti i linguaggi che coinvolgevano il corpo, inclusa la fotografia che ho sperimentato attraverso gli autoritratti, finché la performatività implicita di quel mezzo ha preso il sopravvento. Da lì in poi, la mia attenzione si è spostata sempre più verso un mix di azione e immagine, fino a diventare la forma espressiva che prediligo, ma non l'unica.
Un altro aspetto è legato alla praticità della performance. Non ho mai avuto uno studio fino a questo mese! La performance mi ha permesso di sviluppare idee anche solo restando nella mia camera. All'inizio, infatti, il mio approccio era molto minimale in termini di produzione: azioni con uno o due oggetti facilmente reperibili, senza luci, suoni o allestimenti complessi.
Acción con Monedas I. performance 3h, Acción!MAD Festival, Matadero Madrid 2016
[Che ruolo ha per te il pubblico?]
I miei primi lavori erano performance di lunga durata, spesso presentate all’interno di contesti in cui contemporaneamente succedevano anche altre cose. Il che creava una dinamica in cui il pubblico poteva entrare in relazione con il mio lavoro solo a tratti.
Adesso che la mia pratica è evoluta verso una forma più narrativa, chiedo l’attenzione del pubblico all'interno di un preciso arco di tempo. Nutro un grande rispetto per il pubblico: considero il mio lavoro come un’offerta, qualcosa che dono a loro. Può essere emozionale, contemplativo, divertente o stimolante. Alla fine, è sempre il pubblico a decidere.
[Nel tuo lavoro esplori temi di identità da una prospettiva sociale e culturale, sempre attraverso una lente personale. Puoi condividere il tuo pensiero e l’urgenza che ti spinge ad affrontare questi temi attraverso l’arte?]
Sono sempre stato interessato ai temi dell'identità, società, cultura e politica. All’inizio della mia carriera ero ispirato dal contesto in cui vivevo, in particolare dalla crisi economica del 2008 in Spagna. Durante quel periodo, il mio lavoro era concettualmente esplicito, rispondendo direttamente alla situazione socioeconomica, con poca enfasi sugli elementi personali.
Negli ultimi 5-6 anni, ho affrontato temi simili attraverso una lente più personale, intrecciando argomenti come classe, politica e giustizia sociale con esperienze personali di amore, appartenenza e cura.
Per me, affrontare questi temi attraverso l'arte è un modo per rispondere e riflettere sul contesto politico e sociale attuale e su come questo sia connesso con le mie sfide personali.
Deepfaked Ocaña Wishing Me Goodnight, 2021. A project of Lucía Vives and Eloy Cruz del Prado for Rietveld UnCut. Graphics by Tomás Queiroz, mastering by Maja Chiara Faber.
Deepfaked Ocaña Wishing Me Goodnight
rietvelduncut.rietveldacademie.nl
[Secondo te, qual è il ruolo dell’artista nella società di oggi? Qual è, in sostanza, lo scopo dell’arte oggi?]
Ci sarebbero molte risposte... Artiste e artisti svolgono diversi ruoli con intenti e scopi differenti.
Per me, l’arte e la cultura hanno la capacità di unire le persone, e questo è un grande potere. È anche il motivo per cui arte e cultura vengono spesso represse quando si cerca di imporre una narrazione dominante.
[Qual è il tuo rapporto con il mondo/sistema dell’arte?]
Penso che esistano molti mondi/sistemi dell'arte. Dalle scuole d'arte, alle reti delle residenze artistiche fino alle scene artistiche locali... questi sono i mondi con cui ho un buon rapporto o che trovo stimolanti. Ho invece un rapporto più complicato con le fiere, il mercato dell'arte e la questione del valore.
Non vivo (ancora?) della mia pratica, il che influisce sul mio processo creativo, perché trovare un modo per sostenermi economicamente è essenziale. Ciò mi ha indotto a desiderare di avere accesso a quel sistema istituzionale dell’arte, al mercato e al mondo accademico, non solo per una stabilità finanziaria ma anche per quell'idea di validazione che lo identifica. Un’ambizione che in qualche modo triggera le mie origini di ragazzo della working-class con aspirazioni.
In sintesi, è un rapporto complicato 🙂
HUNDRED SECONDS LONGER AND ITS OVER. LOOKING FOR REAL? FOR REAL. Cállate, que menudo polvo echaron tus padres para tenerte. THERE IS NO LOVE, BUT I CALL THEM LOVERS. CARETAKER. HEART-SHAPED PIGGY BANK
[Come immagini – o come vorresti che fosse – il sistema dell’arte del futuro?]
Oggi il futuro sembra incredibilmente incerto. Idealmente immagino un mondo dell’arte che non censuri chi si oppone al genocidio e all’imperialismo. Mi piacerebbe vedere un sistema in cui il valore primario delle opere non sia il prezzo, ma la capacità di ispirare, provocare pensieri, emozionare e resistere alle forze oppressive
[Quali artistɜ del passato o del presente, provenienti da diversi ambiti, hanno influenzato o continuano a influenzare il tuo lavoro?]
Sono moltɜ lɜ artistɜ che mi hanno ispirato e che probabilmente hanno influenzato il mio lavoro in modi diversi. Quellɜ con cui sento una maggiore connessione hanno in comune l’intensità fisica delle loro opere, la monumentalità in alcuni casi e la profondità narrativa o tematica.
Tra questɜ ci sono artistɜ visivɜ, musicistɜ, drag queen e scrittorɜ. Per esempio Félix González-Torres, Matthew Barney, Francesca Woodman, Jean Genet e Arca.
[Ti va di parlarmi della tua serie di lavori “Good Job, Good Boy” e, nello specifico, della performance che presenterai al Performatorio? Come è nata e perché?]
Con “Good Job, Good Boy I”, ho iniziato a riflettere sul concetto di lavoro, una tematica che avevo già affrontato durante gli studi, ma qui si intreccia con i temi dell’amore, della sessualità e del genere.
Dopo la laurea, il lavoro e la carriera sono diventati un argomento importante e anche pesante per me. La mia opera precedente, “Hundred Seconds Longer and It's Over […]”, indagava il ruolo della resistenza nello sviluppo dell’amore, della sessualità e della cura.
Volevo scoprire come il lavoro s’intrecciasse al nostro senso di appartenenza o di validazione, e che cosa avesse a che fare con l'amore o l'affetto.
C’erano due elementi che volevo utilizzare, non necessariamente insieme: il filmato di mio nonno che lavorava nei campi e le castañuelas, lo strumento che suonavo quando facevo parte del gruppo di danze folkloristiche a Cenicientos. Ho iniziato a esplorare come combinare questi elementi con il movimento e il testo. Alla fine, ho trovato una chiave narrativa nella clip che ho selezionato dal documentario, che presenta due personaggi: mio nonno e il mulo che appare nel video della performance. Infine, ho messo in relazione la loro storia con la mia, attraverso il lavoro, a come questo sia uno strumento di validazione che tutti e tre condividiamo e utilizziamo.
From Dawn to Dusk, video
“Good Job, Good Boy II” (sketches I-VI) rappresentano le prime manifestazioni formali di questa serie e sono ancora in progress. Tuttavia, “Good Job, Good Boy II* è il primo pezzo completamente sviluppato.
Sto anche sperimentano altre forme che questo lavoro o ricerca può assumere, con un approccio materiale come disegni, sculture o installazioni. Arriverà presto.
(Cover photo © Carmen Gray)